Paul Gilbert torna su Accordo, tra le pagine di Didattica.
Proprio ieri, abbiamo realizzato una lunga video intervista esclusiva a Gilbert nella quale ci siamo fatti raccontare genesi e produzione del suo ultimo eccellente lavoro e siamo rimasti incantati parlando di fraseggio, armonia, blues e tecnica, il tutto chitarra alla mano. Paul ci ha ubriacati suonando dozzine di frasi ed esempi, snocciolando accordi, diteggiature, approfondimenti teorici che organizzeremo in una serie di pillole didattiche e lezioni, a brevissimo su queste pagine.
Ovviamente, finita l’intervista ci siamo fermati per seguire la clinic/concerto tenuta da Paul all'Hangar18 di Negrar (Vr), organizzata dall'Accademia Lizard di Verona. La serata è stata assolutamente spettacolare, esaltante.
Come scritto nella recensione di , Gilbert sta attraversando una fase magica della sua carriera. E se nell’album questa si palesa nella serenità e compostezza di un playing superbo e ispirato che insegue melodia e groove di fraseggio prima di ogni altra cosa, dal vivo la musicalità di Gilbert esplode in maniera ancora più multiforme e contagiosa. Paul Gilbert sul palco, con testata Marshall a cannone che imballa due mastodontiche quattro per dodici, è pura espressione di gioia di vivere, amore per la propria arte e soddisfazione nel celebrarla: Paul è insieme l’uomo maturo che trova nel blues le sfumature per confidarsi al suo pubblico ma, al contempo, è ancora il teenager che vola sulla tastiera della sua chitarra e si sollazza a sbalordire chi lo ascolta con virtuosismi inafferrabili e festosi.
Il cuore del suo fraseggio è oramai ancorato alla tradizione più solida e sanguigna del rock blues, quello pentatonico e senza fronzoli di giganti come Clapton, Page, B.B. King ma si apre in maniera armoniosa e sorprendentemente fluida, naturale su digressioni tecniche sublimi che poggiano su quei legati, plettrate, string skipping con i quali Gilbert ha cambiato e contribuito a far evolvere il linguaggio della chitarra solista moderna.
Paul ha continuato a suonare, studiare, esplorare incessantemente. E per chi lo conosce e magari si è formato sulla sua didattica e i suoi dischi, oggi il suo fraseggio appare nuovo, zeppo di soluzioni inedite, moderne e freschissime che si snodano tra arpeggi e sintesi di scale.
Nel dettaglio, Paul ha sintetizzato un ampissimo campionario di nuovi arpeggi suggeriti da accordi che lo ispiravano, parti suonate da altri strumenti che lo colpivano o celebri melodie di canzoni che amava; è ha diteggiato questi arpeggi in grappoli di tre, quattro, cinque note, snodandoli su diteggiature a tre ottave che ora spreme in fraseggi ritmicamente vivacissimi e con una articolazione sonora cristallina e potentissima. Il suono poi, un crunch burroso che nemmeno nei momenti più vementi dello show accenna a diventare distorto, lascia ancora più attoniti di fronte a una proiezione tecnica sublime, da virtuoso della musica classica.
Lo slide oramai sembra uno strumento di cui Paul non può fare a meno. Lo utilizza di continuo con gusto e padronanza. Totale novità, invece, il sustainer con il quale si diverte a stiracchiare all’infinito bending e note accarezzate con lo slide. La cover di "Owner of a Loneny Heart" vale da sola il costo del biglietto. La sei corde di Paul esegue la melodia del cantato toccando inflessioni, sfumature, espressività impensabili per una chitarra.
Foto panoramica e quadrata di Nino Saetti
Foto di corredo all'articolo di Alessandra Merlin |