Francesco Mascio è un musicista attivo da anni nella scena jazz romana con un approccio personale che si è andato delineando album dopo album, una direzione precisa che possiamo definire sia musicale sia filosofica. “Wu Way” è un disco di confine in tutti i sensi, ed è davvero difficile racchiuderlo in un solo genere, anche se per comodità e per percorso storico dell'autore, l'etichetta che gli è più affine è quella del jazz.
Mascio non è il primo a guardare a oriente, secondo una tradizione che prosegue dagli anni '70, prima in area rock con i lavori di nomi come Jimmy Page e i side project di Carlos Santana (Deva Dip con Alice Coltrane, giusto per fare un esempio che riscuote ancora notevole interesse) per arrivare ai lavori di Mahavishnu Orchestra e John McLaughlin con l'indimenticabile “Shakti”.
Nel suo album Mascio segue diverse linee artistiche e diversi approcci alla composizione.
“Balla con Buddha”, per esempio, è un brano costruito secondo le linee guida della musica classica indiana, accompagnato dalle tabla di Sanjay Kansa Banik e in questo caso la sua chitarra assume le sembianze e le sonorità di un sitar, anche nei passaggi più ostici tra slide e microtoni.
E jazz, nella maniera più tradizionale e silenziosa, diremmo quasi “In A Silent Way “per citare Miles Davis, e qui la chitara del nostro si limita ad una delicata e minimale parte ritmica per lasciare il ruolo da protagonista al sax di Gabriele Coen, in un sentito omaggio allo scrittore e giornalisti che molto ha fatto per fare conoscere a amare l'oriente in Italia.
“Funk Shui” mostra l'anima più minimale e “rumorista” di Mascio , un brano per chitarra preparata e percussioni, che dopo un'intro fuori dagli schemi lascia spazio per lo sviluppo di un tema che tradisce il background jazz dell'autore. E questo equilibrio tra jazz e World Music è una delle chiavi di lettura del lavoro. Nessuno dei due generi è però da intendere nella accezione più pura del termine ed entrambi procedono verso una fusione in cui diviene quasi impossibile distinguere ciò che proviene da una tradizione e ciò che proviene dall'altra.
“Blue Dragon” ci conduce in Cina, in un viaggio all'insegna del blues, tra slide, scale pentatoniche cinesi, un incontro ideale tra Blind Lemon Jefferson e un altro suonatore cieco, quello di gqin che si può trovare nella scena del combattimento tra Uma Thurman e… nel finale di “Kill Bill”, poi ancora il tema ha uno sviluppo che ci conduce altrove, quasi fosse una “Kashmir” acustica e percussiva.
“Wu Way” è invece funk groovy e raffinato, e qui la chitarra di Mascio, piuttosto parco nell'utilizzare effetti, si concede un solo con wha wha di matrice jazz, nell'accezione che potrebbe avere un artista come Bill Frisell.
“Lao Tsu”segna un cambio di ambiente sonoro con campane da tempio, un tema che ancora una volta omaggia la musica classica cinese, di cui il chitarrista mostra di avere assimilato non solo le scale ma anche il mood e la giusta impostazione per approcciarsi a un certo repertorio.
Ci sono momenti poi che si avvicinano al New Age, tra questi “Arpeggio Elementale” con la voce di Susanna Stivali, che per fortuna a differenza di tante produzioni del genere non ricorre a sonorità preconfezionate o plasticose ma al contrario valorizza anche i suoni emessi dalle vibrazioni delle corde a vuoto, e dalle corde sui tasti della chitarra.
In “Wing Chun” l'autore finalmente si lascia andare mettendo in luce il suo talento chitarristico anche in un contesto più tradizionale, con ottimi risultati.
Chiude il disco “L'Oceano E L'Onda” quasi un outro, anche qui di ispirazione new age, in cui dall'elettrica si passa alla classica, suonata in maniera minimale, come se fosse un'arpa, secondo la lezione di un maestro come Andreas Vollenwieder e, sebbene il genere risulti un po' datato in un brano solo, il risultato è piacevole e molto probabilmente voluto, così come il finale che simula il fruscio della puntina su un vinile, con un fade out morbido, un modo davvero rarefatto per chiudere un album realizzato con gran gusto e delicatezza.
(Pietro Graziano)
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