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The Bass Journal Vol. 2: Maurizio Rolli racconta il suo ultimo volume didattico
The Bass Journal Vol. 2: Maurizio Rolli racconta il suo ultimo volume didattico
di [user #62015] - pubblicato il

Edito da Volonté&Co. The Bass Journal Vol. 2 rappresenta un approfondimento ulteriore alla sua prima iterazione a cura di Maurizio Rolli. I due volumi hanno conquistato molteplici apprezzamenti nel corso del tempo, vista la loro completezza e intuitività.

Tra nozioni teoriche ed esercizi pratici, The Bass Journal Vol. 2 assiste il lettore nella scoperta di alcune tra le tecniche più affascinanti e preziose eseguibili sul basso. Scritto dal brillante artista Maurizio Rolli: contrabbassista, bassista elettrico, arrangiatore e didatta dal curriculum di eccezione, The Bass Journal Vol. 2 è un viaggio alla scoperta di uno strumento dall’importanza cruciale in ensemble.

I due volumi hanno come obiettivo quello di ampliare gli orizzonti dei bassisti contemporanei, grazie a nuovi spunti tecnici e compositivi con cui sviluppare un’identità artistica prorompente e del tutto personale. La redazione di Accordo ha avuto il piacere di conversare in merito ai dettagli del libro con il suo autore, Maurizio Rolli e, di seguito, riporta le sue risposte ai quesiti postigli per l’occasione.

Quali sono le ragioni del successo della collana The Bass Journal?
Innanzitutto, saluto e ringrazio i lettori e la redazione che mi ha offerto di parlare del mio lavoro. È sempre bello scoprire di non essere l’unico interessato a ciò che faccio. Comunque, non so dirlo esattamente. Quando Marco Volonté, tramite Matteo Balani, mi ha proposto di scrivere questo metodo non ero esattamente convinto che fosse una buona idea; ero certo che il mondo avesse ben altro da fare che rimanere in attesa di un nuovo metodo di basso elettrico scritto da me.

Per cui dopo un lungo periodo di indecisione, durato all'incirca due anni, ho acconsentito a scriverlo a condizione che fosse un metodo diverso da tutto quello che era già in circolazione. Devo dire che la stima esagerata che Matteo nutre nei miei confronti è stata una spinta importante.

Più volte lui mi ha convinto a fare cose che senza il suo incoraggiamento non avrei mai provato a fare. Per questo provo nei suoi confronti un enorme senso di gratitudine, da aggiungere alla stima verso di lui come musicista.

Credo che il successo della collana sia dovuto ad alcuni aspetti che differenziano questo metodo dagli altri in circolazione: l'organizzazione didattica e la programmazione degli argomenti, che si susseguono in ordine di crescente difficoltà tecnica e approfondiscono di volta in volta i vari aspetti legati al ritmo, all'armonia, alla melodia, al timbro e all'edificazione progressiva di una tecnica necessaria a realizzarli.

Ho prestato particolare attenzione al bilanciamento tra la parte discorsiva del metodo - necessaria per spiegare i fondamenti della mia metodologia didattica - e la parte composta da musica scritta, provando a rendere quest’ultima accessibile anche a chi, prima di acquistare il metodo, non ha ancora sviluppato alcuna capacità di lettura.
Ho fatto delle scelte anche impopolari, come rinunciare alle tablature o a un supporto audio/video, componenti di punta per la maggior parte dei metodi musicali al giorno d'oggi.
Ritengo, però, che studiare musica, diventare musicisti, sia un fatto creativo e che sia importante sviluppare sia la creatività, sia una certa identità stilistica; mostrare come io sviluppo alcune idee didattiche può essere sicuramente un aiuto, ma anche un freno alla fantasia e alla creatività dello studente.
 
 In questo mi ispiro molto ad Arnold Schoenberg e al suo manuale di armonia scritto in maniera discorsiva e con suggerimenti molto utili al fine di sviluppare un'attività compositiva assolutamente originale, fin dalla prima lezione. Per sfruttare pienamente le possibilità che l'era digitale offre ho creato un gruppo di aiuto su Facebook a cui qualunque acquirente del metodo può scrivere postando video con gli esercizi eseguiti e ricevendo consigli e aiuti sia da parte mia, sia da parte di alcuni studenti del Conservatorio o neodiplomati che hanno già completato questo percorso e ne conoscono i segreti e che, proprio in funzione di questa filosofia, sono disponibili ad aiutare chi ha bisogno di suggerimenti.

Quanta soggettività in termini tecnici e di approccio c’è in The Bass Journal 2?
Credo che ci sia un bilanciamento perfetto tra oggettività e soggettività all'interno del metodo. Ho cercato di bilanciare questa percentuale proponendo argomenti posti alla base della didattica di qualsiasi strumento da secoli, ma dandone una versione il più possibile improntata alla creatività e determinata da un punto di vista possibilmente nuovo e differente.
Ricordo che tantissimi anni fa lessi una storia di Spiderman scritta da un autore molto bravo, Peter David, il quale per creare nuove storie si ispirava ai notiziari.

Semplicemente, prendeva nota delle notizie del giorno e le elaborava esaminando i fatti e cambiando alcuni parametri immaginandoli al contrario.
Da lui, ho imparato che era possibile esaminare il nome di tutti i vari argomenti studiabili in musica e provare a trovare un contrario per ogni parola contenuta al loro interno, per guardare le cose in maniera opposta a come le guardiamo sempre.

È un po’ come camminare per strada guardando sempre in alto: c'è la possibilità di fare la solita strada ogni giorno e scoprire nuove cose ogni giorno perché in realtà noi guardiamo i palazzi e le strade ad altezza d'uomo, ma se guardiamo in alto scopriamo un mondo che non abbiamo mai visto.

Questo è il modo in cui guardo alla musica: un argomento che conosco bene a livello culturale, ma che devo guardare dall'alto o comunque da un altro punto di vista perché mi sembri sempre nuovo e stimolante al fine di partorire nuove idee che sorprendano me prima di sorprendere chi mi ascolta.

Che consigli daresti a un bassista principiante e a un intermedio per poter trarre i migliori risultati leggendo il libro?
Il mio consiglio è di leggerlo senza strumento in mano, magari prima di andare a dormire, in modo da comprendere esattamente le indicazioni del testo, senza farsi condizionare dalla voglia di provare gli esercizi.

 Il mattino dopo, invece, consiglio di prendere lo strumento e di lavorare sugli esercizi scritti, ignorando, invece, la parte descrittiva, che dovrebbe essere a quel punto ormai chiara.
Insomma, credo sia importante separare la parte dell'apprendimento delle informazioni dalla parte pratica, creativa e dalle esercitazioni, che rappresentano una ricerca personale e che richiede molto tempo perché le idee siano sviluppate pienamente.

Il consiglio definitivo è, poi, quello di iscriversi al gruppo Facebook omonimo, in modo da mostrare i propri progressi a me e ai colleghi e di ricevere consigli, oppure chiedere aiuto.

Quali sono le tecniche più importanti nel tuo modo di suonare il basso? In quali generi le applichi principalmente?
Le tecniche che utilizzo nel mio modo di suonare sono tante e varie. Non sono sicuro di essere in grado di farne un elenco esauriente, anche perché continuo ad impararne di nuove grazie all'importante contributo di innovatori del nostro strumento, di grande ispirazione per tutta la comunità musicale. Per cui, devo dire che nella mia musica, o nel mio linguaggio espressivo, faccio uso di armonici slap, tapping, armonici artificiali, tecniche polifoniche, staccato, legato, triadi estratte, fretless, effetti, loop station, e-bow.

Insomma, faccio uso di qualsiasi cosa mi aiuti ad arricchire la mia tavolozza espressiva e mi aiuti a fare il contrario di quello che ho fatto finora. Devo dirti che posseggo un numero davvero esagerato di strumenti, tutti con diverse sonorità e tutti tendenti a un suono acustico, l’80% dei quali è senza tasti.

Questo, perché il mio tentativo è sempre stato quello di suonare musica acustica con uno strumento elettrico e di imitare la voce quando suono. Trovo che il basso senza tasti sia la cosa che più gli si avvicina. Al contrario devo ammettere che forse lo slap è la tecnica che uso di meno, in virtù del fatto che la mia musica è abbastanza priva di riferimenti funk e semmai ne dovesse avere, essi sono più ispirati alla suddivisione in sedicesimi e non al timbro percussivo e graffiante del basso di Marcus Miller, che mal si sposa con il mio tentativo di suonare musica acustica o addirittura sinfonica, pur suonando il basso elettrico.

Quale processo creativo ha condotto alla nascita di The Bass Journal 2?
Più che di un processo creativo qui si parla di un resoconto di quasi quarant'anni di insegnamento. Il vero processo creativo c'è stato durante questi quarant'anni! In realtà il libro è già tutto programmato fino al quinto volume, devo solo metterlo per iscritto, poiché l'indice di ogni volume corrisponde esattamente al programma del mio corso di studi quinquennale presso il Conservatorio Luisa D'Annunzio di Pescara.

Il programma è stato elaborato nel 1994 e, da allora, è stato costantemente revisionato ogni anno in virtù dei risultati che il mio corso produceva e delle possibili migliorie che avevo modo di verificare quotidianamente insegnando a centinaia di ragazzi; molti dei quali, oggi, sono dei professionisti della musica. Insomma, nulla si inventa, tutto si trasforma, nel corso degli anni, come risultato di un lungo lavoro di sperimentazione e ricerca sullo strumento, sulla musica e sugli studenti.

Quello che, secondo me, di particolare sono riuscito ad elaborare, da autodidatta, prima di accedere a un percorso accademico, è questo principio dei contrari: Se riesco a dare un nome a un argomento, allora riesco a utilizzare ogni singola parola di quel nome per trovare dei contrari plausibili che mi diano delle idee per moltiplicare il materiale musicale e creare nuove idee. Questo è un principio, per me, necessario ogni qualvolta mi approccio allo studio dello strumento, non sapendo esattamente cosa studiare, quando non so di non sapere.
Se non sai cosa ti manca per diventare migliore non puoi migliorare. A quel punto, mi chiedo “cosa so fare?”

Individuata la risposta, provo a fare il contrario per verificare se sia in grado di farlo:

se si tratta di una scala maggiore provo a farla minore se si tratta di una scala ascendente, Provo a farla discendente, se si tratta di una scala provo a fare un arpeggio, se si tratta di una scala diatonica provo a suonarla simmetrica o cromatica, se si tratta di una scala per intervalli congiunti provo a farla per intervalli disgiunti, se gli intervalli sono ascendenti provavo a farli discendenti, se sono discendenti provo ad alternarli, uno ascendente e l'altro discendente e così via. Qualsiasi cosa mi costringesse a rimanere sullo strumento in maniera creativa e creasse una sfida dal punto di vista tecnico per me era valida in passato e lo è ancora adesso. È facile comprendere che, quello del volume, è un modo di studiare simile e praticamente infinito e promette ogni giorno nuove scoperte sia dal punto di vista tecnico, sia dal punto di vista creativo.

Nonostante gli argomenti non si riconnettono col volume precedente, in che modo il secondo volume segna una crescita nel lettore e ne implementa il background?
In realtà tutti gli argomenti sono strettamente connessi al volume precedente. Anzi la chiave di questo metodo è proprio nell’organizzazione del materiale in maniera progressivamente più impegnativa, in modo da stimolare la crescita sia dal punto di vista tecnico, sia dal punto di vista dell'apprendimento del suono, familiarizzando con le dissonanze e con i concetti più avanzati di armonia, tipici generalmente di strumenti diversi dal nostro, tipo il pianoforte, la chitarra o il sassofono.

Molti, sono i rimandi ai capitoli del primo volume di cui i secondi sono lo sviluppo di un eventuale contrario o semplicemente l'evoluzione da un punto di vista tecnico o da un punto di vista ritmico o da un punto di vista armonico. Ci sono concetti di armonia che sono alla base di tutta la creazione musicale, come per esempio le tre famiglie di accordi di tonica, dominante e sottodominante che ritornano ciclicamente in gran parte delle motivazioni di alcune scelte armoniche o della scelta di alcuni materiali utili a fini improvvisativi.

Tutto fa capo, in realtà, al Volume uno che è quello che getta le fondamenta che permettono di comprendere a pieno tutto il resto del programma didattico compreso nei cinque volumi.
Tutto il materiale è organizzato in modo che ogni argomento sia, possibilmente la prosecuzione dell'argomento precedente, permettendo di salire di livello dopo ogni capitolo, sia dal punto di vista tecnico, sia dal punto di vista della conoscenza musicale armonica, storica, di analisi, di comprensione degli eventi musicali.

Da dove nascono le sezioni Brain Food? Come hai sviluppato questa formula?
La formula del Brain food nasce esattamente dai “contrari” di cui parlavo precedentemente: è una sorta di  Allenamento alla creatività, una serie di spunti che suggeriscono modalità di sviluppo degli esercizi quasi infinite e che permettono a ogni singolo musicista di fare le proprie scelte per edificare un linguaggio personale di cui potranno scegliere i parametri basandosi sul proprio gusto personale e sviluppando uno stile diverso da tutti gli altri studenti pur utilizzando gli stessi materiali dei colleghi. Tra l'altro, credo che sia la parte più divertente del metodo in cui a mano a mano che si cresce tecnicamente ci si può divertire nel creare la propria musica ed elaborare le informazioni in maniera personale, col sorriso sulle labbra, senza dover rendere conto a nessuno dei risultati poiché siamo noi a dettare le regole della nostra musica.

Quali sono le caratteristiche che differenziano The Bass Journal da qualsiasi altro manuale didattico?
Non ho mai visto la sezione Brain Food in altri libri. Inoltre, il motivo per cui certi tool utilizzabili per creare musica, non è quasi mai spiegato nei metodi tradizionali. Il mio obiettivo è fornire un’origine storica o fisica alle cose che illustro nel metodo, sentendo il bisogno di razionalizzarle per maturare la convinzione di star seguendo la strada giusta. Le ore che trascorro su ogni argomento non torneranno mai più nella mia vita; quindi, devo essere sicuro di star seguendo la strada corretta per trovare la determinazione utile ad andare avanti.
Un'altra cosa che ritengo singolare è che il tentativo di questo libro non è soltanto quello di migliorare le qualità del bassista, ma anche di creare un musicista migliore, che conosca le qualità degli accordi e ne conosca le sonorità, che conosca l'armonia, le tecniche compositive dei grandi del passato, la terminologia per condividere il linguaggio musicale con altri colleghi, gli elementi essenziali che compongono la musica e non solo gli elementi che riguardano il proprio strumento.

Credo che il mio essere un compositore e un arrangiatore per orchestra mi condizioni in questa visione, ma credo anche che essere un musicista, oggi, voglia dire avere possibilità di lavorare in differenti campi della musica in modo da guadagnare abbastanza perché mi sia permesso continuare a praticarla.
È necessario, quindi, essere esperti non solo del proprio strumento ma anche degli strumenti dei colleghi, conoscerne i limiti e le possibilità espressive, in modo da poter scrivere la propria musica anche per altri strumenti con competenza.

Studiare musica significa imparare un linguaggio universale che è necessario conoscere il più possibile se vogliamo che la nostra idea musicale sia condivisibile con i nostri colleghi per realizzare la nostra visione.

In un mondo sempre più digitale, dove tutto è a portata di click, perché The Bass Journal rappresenta uno strumento didattico importante e come vince la sfida di portare contenuti nuovi rispetto a quanto già disponibile in rete?
Devo dire di aver da tempo compreso che questo mondo digitale comporta un'overdose di informazioni, non sempre esatte. Queste ultime rischiano di seppellire molto spesso quelle di valore.

Allora, d'accordo con l'editore, abbiamo deciso di non rendere digitale il materiale contenuto nel libro proprio perché il target di questo metodo è il musicista curioso, in cerca di informazioni, non quello che aspetta di riceverle a casa propria.

Credo questo sia l'atteggiamento fondamentale del ricercatore musicale, di colui che indaga per scovare informazioni che non sono a disposizione di tutti per elevare il proprio livello di conoscenza e per maturare gli strumenti necessari a continuare la strada anche da solo. Credo anche che il modo più importante di sviluppare la conoscenza in qualsiasi campo sia quello di sviluppare un metodo invece di una raccolta di informazioni: un metodo che ci permetta di moltiplicare le informazioni in maniera esponenziale per elaborare un vero e proprio sistema che possibilmente arrivi dove noi da soli non riusciremmo ad arrivare esattamente come è accaduto quando si è inventato il sistema decimale o il sistema binario.

Spesso e volentieri, i contenuti in rete sono il risultato del lavoro di qualcun altro. Se è pur vero che The Bass Journal è pieno di risultati della mia ricerca, è altrettanto vero che illustrare in che modo la ricerca stessa è stata condotta può insegnare a maturare nuovi risultati, copiando il metodo e non il risultato.

 Nella mia esperienza di docente, ho maturato l'idea che la cosa più difficile da fare con uno studente è insegnargli a studiare. Per questo, il vero obiettivo di The Bass Journal è insegnare a cercare le informazioni invece di aspettare riceverle, al fine di sviluppare un linguaggio proprio, possibilmente non uniformato, perché la musica possa andare avanti sulla strada tracciata dai grandi innovatori del passato da Bach, a Stravinsky, a Jaco Pastorius, Charles Mingus ecc.

Tutto questo in contrapposizione all'esempio fornito dall'industria musicale, ormai, secondo me, sempre più lontana dalla musica vera e propria, tendente alla creazione di personaggi basati su modelli preesistenti, come in una catena di montaggio.

Quindi, per rispondere alla domanda: The Bass Journal vince la sfida, secondo me, proprio perché si sforza di offrire contenuti non disponibili sul web, frutto della ricerca di ogni acquirente del metodo. Un frutto unico, non ancora disponibile in rete, che nutra musicisti curiosi, alimentati da altri musicisti curiosi.
lezioni di basso maurizio rolli volonté&co
Link utili
The Bass Journal Vol. 2 Volonté

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